Bartolo Longo, salvato dal Rosario

Bartolo Longo ritratto come “papà degli orfani” da F. Antonini (1950)
Chi è?

Bartolo Longo nacque a Latiano, in provincia di Brindisi, il 10 febbraio 1841. Venne avviato alla carriera di avvocato e, per conseguire la laurea, si trasferì a Napoli. Coinvolto nel clima anticlericale del tempo, si avvicinò anche a circoli che praticavano lo spiritismo, ma non riuscì a placare l’angoscia che aveva in cuore. Aiutato da alcuni amici, si allontanò dalle pratiche esoteriche e, dopo essersi confessato, tornò a ricevere la Comunione il 23 giugno 1865. Entrò poi nel Terz’Ordine domenicano, col nome di fra Rosario.
Ricevette in seguito una proposta di lavoro da parte della contessa Marianna Farnararo, vedova De Fusco: doveva occuparsi dell’amministrazione dei suoi possedimenti a Valle di Pompei, la località dove erano da poco stati scoperti i resti dell’antica città romana.
Nell’ottobre 1872, ancora preda della sua angoscia interiore, comprese di doversi impegnare a propagare la preghiera del Rosario. Cominciò quindi a radunare i contadini e a istruire i loro figli, finché non si rese conto che avevano bisogno di una chiesa più grande. Sorse quindi un nuovo edificio sacro, intitolato alla Beata Vergine del Rosario, la cui prima pietra fu posta l’8 maggio 1876; in pochi anni divenne un vero e proprio santuario.
Per i figli e le figlie dei carcerati, gli orfani e le orfane, fondò altrettanti istituti, la cui pedagogia era improntata all’incontro personale con Gesù e alla preghiera, specie tramite il Rosario. Celibe per scelta, accettò di sposare il 1° aprile 1885 la contessa Marianna, per mettere a tacere le malelingue che, insieme alle offerte dei devoti, affluivano verso le sue opere. Due anni dopo fondò le suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei, per le opere educative e la cura del Santuario. Nel 1906 fece in modo che tutti i suoi beni passassero sotto il diretto controllo della Santa Sede.
Malato da molto tempo, morì a Pompei il 5 ottobre 1926. È stato beatificato da san Giovanni Paolo II il 26 ottobre 1980. I suoi resti mortali sono venerati nella cappella a lui dedicata, nel complesso del Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei.

Cosa c’entra con me?
Bartolo Longo è una delle figure che da sempre accompagnano il mio cammino, fin dalle mie prime visite, ancora bambina, al Santuario di Pompei. Mia madre mi disse che era un uomo buono, che aveva raccolto tanti orfanelli come se fosse un padre per loro, ma più in là non andò.
Visto che ero abbastanza piccola, credevo che si chiamasse “Bartololongo” di nome proprio, dal momento che era sempre citato così. Inoltre, pensavo che assomigliasse, nell’aspetto e nelle opere, a un personaggio dei cartoni giapponesi, solo che quest’ultimo aveva radunato gli orfani maschi per farli diventare dei guerrieri, non per dare loro una possibilità di riscatto tramite lo studio e il lavoro.
Come tanti devoti, anche adulti, quando visitavo il Santuario non pensavo minimamente a doverlo andare a venerare; se è per quello, ignoravo perfino che fosse Beato. Solo con il tempo ho appreso della sua esemplarità riconosciuta e ho iniziato ad andare a pregare davanti alla sua urna, ovviamente dopo aver sostato presso il Trono della Madonna.
Il primo approfondimento è avvenuto quando, appena tornata dalla GMG di Colonia, sono passata in una libreria del centro di Milano e mi è venuto spontaneo acquistare una guida per i pellegrini a Pompei; strano che non ci avessi mai pensato prima. Da allora ho visto sotto una luce nuova tutto quello che ero abituata a visitare in maniera forse superficiale: mi sembrava di avere di fronte i segni tangibili dell’attività di un personaggio importante per la Chiesa del suo tempo.
La lettura di quella guida mi permise di scoprire che era anche il fondatore delle suore cui mi rivolgevo nella Sala delle offerte e nella fornitissima libreria del Santuario. Un paio d’anni fa, grazie alle trasmissioni in diretta e in differita su TV 2000, ho appreso che hanno ancora vocazioni, come le due novizie che, prima della vestizione, spiccavano tra le religiose che accompagnavano col canto la recita del Rosario e la Messa (adesso si distinguono perché non portano il velo).
Nei miei successivi viaggi per andare in vacanza a Portici ho cercato sempre d’inserire una tappa a Pompei con i miei familiari. Tra l’altro, mia madre mi ha confidato che è legata a quel luogo perché lì mio padre le rivolse la sua proposta di matrimonio.
L’uscita di molti libri, tranquillamente reperibili al di fuori del Santuario, ha cementato la mia conoscenza della vicenda umana e spirituale del Beato e del modo in cui anche lui, come me, andasse in cerca di consiglieri fidati per comprendere sempre più il volere di Dio. Li chiamava “santi vivi”, ma nei fatti molti di essi, ovviamente dopo essere deceduti, sono stati ufficialmente messi sugli altari: per limitarmi agli unici di cui ho finora parlato qui, san Giuseppe Moscati, che lo curò personalmente, e il Beato Giustino Russolillo.
Per certi versi, anch’io ho riscoperto grazie a “don” Bartolo (nel Sud quell’appellativo va non solo ai preti, ma anche a persone di riguardo) l’importanza di diffondere il Rosario perché chi lo propaga, con tutto quel che ne consegue, è salvo.
Mi affido in maniera speciale a lui quando mi metto a confezionare corone del Rosario, ma anche quando ne regalo qualcuna, sia fatte a mano sia di plastica. In particolare, quando mi accade di riceverne dopo aver lasciato un’offerta a Pompei, le tengo da parte e le consegno a un prete che conosco, cappellano in carcere, o alle suore che prestano servizio in qualche ospedale.

Ha testimoniato la misericordia perché…

Bartolo Longo è uno di quei personaggi ai quali mi è risultato difficile abbinare un’opera specifica. Pensavo a quella d’insegnare agli ignoranti, dato che, ai primordi della sua permanenza a Pompei, impartì lezioni ai ragazzi del luogo, nei pressi della chiesa del Salvatore. In quanto uomo di preghiera, poi, credevo fosse giusto abbinargli quella di pregare Dio per i vivi e per i morti, da lui vissuta tramite il Rosario.
Alla fine, però, ho ritenuto più giusto collegarlo all’opera di visitare i carcerati, anche se l’avevo associata già alla Beata Enrichetta Alfieri: è questa, infatti, che lo distingue dai vari fondatori di opere caritative nei confronti dei più giovani. Innescata dalla scintilla causata dall’incontro con un latitante, che non voleva consegnarsi alla giustizia per non lasciare soli i suoi bambini, si concretizzò alla visita nel carcere di Napoli, quando il direttore gli chiese direttamente di occuparsi dei figli dei detenuti.
Inizialmente fondò un istituto solo maschile, ma poco prima di morire, come suo estremo desiderio (l’espressione da lui usata è “ultimo voto del cuore”), ne stabilì uno anche per le bambine e le ragazze. Mi sembra verosimile che, non poche volte, sia andato a trovare i loro genitori, per rassicurarli sulla loro formazione.

Il suo Vangelo

Ciò detto, penso non si possa fare a meno di considerare che proprio tramite il Rosario don Bartolo abbia salvato tantissime persone, non solo ragazzi e bambini. Il primo ad essersi guadagnato la felicità eterna, però, è lui stesso, obbedendo a quella voce che gli ricordò quanto gli aveva più volte ripetuto il direttore spirituale.
Lo dichiara apertamente, anche se in terza persona, nella Storia del Santuario scritta nel 1923:
A Valle di Pompei un traviato diventa il missionario laico del Rosario, la landa più abbandonata diventa uno de’ più meravigliosi santuari. L’infimo è la prova dell’infinito: ecco la legge della Provvidenza.
Ora che sono passati novant’anni dalla sua nascita al Cielo, la sua testimonianza è ancora viva e operante.
Molti vorrebbero che fosse canonizzato senza che gli venisse attribuito un secondo miracolo: lo spero anch’io, ma va bene anche per vie più ordinarie. Dopotutto, le pagine de Il Rosario e la Nuova Pompei, la rivista che lui fondò nel 1884, riportano da sempre molte relazioni di grazie: immagino che ce ne sia almeno una ben documentata e significativa, ovviamente dal 1980 in poi.

Per saperne di più

Ciro Cozzolino, In ascolto del Beato – Pensieri dagli Scritti di Bartolo Longo, Grafiche Somma 1997, pp. 96, € 1,60.
Una selezione di brevi espressioni tratte dalle sue opere editoriali.

Pasquale Mocerino, Beato Bartolo Longo – L’uomo della Madonna, Velar-Elledici 2013, pp. 48, € 3,50.
Una breve presentazione dei dati essenziali della sua vita.

Beatrice Immediata, Marianna e Bartolo Longo – Pompei e le opere pompeiane, Paoline 2011, pp. 208, € 15,00.
Un volume ampio e discorsivo che non tratta solo la vicenda biografica di Bartolo, ma anche quella di colei che divenne poi sua moglie e, ovviamente, delle opere da loro fondate.

Ivan Licinio, Caro amico santo ti scrivo... – Alcuni rapporti epistolari del Beato Bartolo Longo, San Paolo 2012, pp. 126, € 12,00.
Il vice-rettore del Santuario di Pompei presenta alcune lettere del Beato ad alcune personalità di spicco della Chiesa del suo tempo e che, come lui, ora sono ufficialmente sugli altari o sono sul punto di esserlo.

Giuseppe Esposito, Bartolo Longo – Carità e educazione, San Paolo 2016, pp. 128, € 12,00.
L’opera più recente si concentra sugli aspetti più inerenti alle sue attività educative e sullo stile con cui le aveva pensate e attuate.

Su Internet

Sezione a lui dedicata del sito ufficiale del Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei

Commenti

Post più popolari